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martedì 10 febbraio 2015

L'importanza del riscaldamento

Fondamentale eppure spesso trascurato.
Utilissimo e snobbato, quasi fosse una perdita di tempo, specie nel ciclismo.
Toccasana riconosciuto contro possibili e probabili problemi muscolari e tendinei, ma troppo spesso tralasciato o fatto di fretta.
E' un fatto che - specie nelle categorie minori - al riscaldamento non venga spesso riservato il ruolo che gli spetterebbe. Eppure anche recenti indagini scientifiche ne hanno sottolineato la basilare importanza per portare il fisico a giusta "carburazione" in ogni tipo di gara, specie quelle più intense e dal ritmo acceso fin da principio (come in alcune specialità dell'atletica, nelle cronometro, nelle competizioni dei dilettanti del ciclismo o nei giovani).
Fra alcuni atleti anche di alto livello è stata osservata una forte concentrazione di acido lattico anche pochi istanti prima della partenza di una gara. Fra le ipotesi fatte per spiegare il fenomeno - salvaguardando la grande diversità degli individui, ciascuno con precisi e peculiari adattamenti all'allenamento - c'è quella di un errato riscaldamento. Dunque un corretto riscaldamento può influenzare ogni tipo di competizione, anche le corse dal tracciato più lungo del ciclismo, che, per vari motivi, possono avere una fase intensa subito dopo il via. Un minimo di preparazione va dunque fatta, anche se si dovrà affrontare una maratona di 42 chilometri di corsa o una tappa di otto ore con lunghissime salite.

Lo scopo più conosciuto del riscaldamento è quello di produrre un aumento della temperatura corporea nella misura di uno o due gradi centigradi. Connessi a questo rialzo termico, altri meccanismi vengono coinvolti, e delineano in maniera più precisa l'importanza di un buon riscaldamento.
Ecco qui di seguito schematizzati questi fenomeni:
  • una rapida messa a disposizione della emoglobina: si realizza cosi un aumento nel rifornimento di ossigeno ai muscoli;
  • una diminuzione della viscosità interna del muscolo; in tal modo si verifica un miglioramento della contrattilità muscolare;
  • una diminuzione della viscosità del liquido sinoviale: le facce articolari sono facilitate nel loro scorrimento e consentono movimenti meno dispendiosi dal punto di vista energetico;
  • una ridistribuzione del flusso sanguigno; il nostro organismo allorché sollecitato distribuisce la quantità di sangue inviandone maggiormente laddove sia necessaria, e lo sottrae invece ai distretti che in quel momento non sono coinvolti nell'attività fisica;
  • un aumento dell'assorbimento di ossigeno ed una maggior rapidità nel raggiungimento dei valori massimi di assorbimento; in tal modo nello sforzo si può eseguire una maggior quantità di lavoro aerobico, consentendo, specie nelle gare di mezzofondo o ad esse paragonabili, un congruo risparmio energetico.
Dunque imparare a riscaldarsi diventa fondamentale per una corretta esecussione di qualsiasi attività di un certo impegno. Per risparmiare preziose energie. Per essere pronti ad ogni situazione di gara fin dalle primissime battute.
Ma come riscaldarsi?
Come l'allenamento, anche il riscaldamento dovrà avere un andamento variabile, in durata ed intensità, sia da individuo ad individuo, sia, nel singolo atleta, nel corso di tutta la carriera; infatti lo sforzo fisico che dovrà seguire il riscaldamento sarà l'elemento condizionatore di tutti i gesti utilizzati, e poi perché con il trascorrere del tempo l'accresciuta superficie muscolare da riscaldare (come, per esempio, i grandi muscoli delle cosce e delle gambe) e la risposta termoregolatoria dell'organismo richiederanno stimoli più intensi e significativi prima che l'organismo sia disponibile alla prestazione.
Ecco quindi che per un atleta principiante i gesti da compiere per raggiungere gli scopi fisiologici richiesti nel riscaldamento possono essere scarni e limitati, mentre per l'atleta evoluto dotato di una certa "anzianità" di carriera il tempo da dedicare al riscaldamento sarà più lungo e corredato da gesti più complessi. Infine l'atleta avanti negli anni. Il naturale rallentamento del metabolismo dovuto ai fenomeni d'età, suggerisce di allungare ancora di più la fase di riscaldamento e di preparazione alla gara, specie a quelle brevi e molto intense (come il mezzofondo veloce o le competizioni cicloamatoriali di 50-60 chilometri). Di agire in modo ancor più graduale e progressivo, cercando di "risvegliare" senza strappi tutte le fibre muscolari interessate nel gesto atletico.
Le caratteristiche psicologiche da sviluppare durante il riscaldamento, similmente a quelle fisiologiche, si distinguono a seconda dell'attività successiva che si dovrà compiere; infatti mentre nelle sedute allenanti dovrà essere sviluppata una "capacità di apprendere", nel riscaldamento precompetitivo dovrà essere ricercata una "capacità di rendere".
Nel primo caso l'atleta sin dai primi passi del riscaldamento tenderà a stabilire un filo diretto ed esclusivo con il proprio allenatore (o con i suoi suggerimenti) al fine di essere in grado di cogliere in modo totale ogni indicazione o consiglio tecnico. Questo tipo di attenzione, o concentrazione, la si può raggiungere soltanto se l'atleta sa che l'allenamento possiede anche una valenza didattica, che serve, cioè, non solo a prepararsi fisicamente nelle qualità strettamente muscolari, ma anche ad apprendere ad imparare qualcosa ogni volta. Quindi tutti gli atti che si svolgono sin dal momento del riscaldamento devono essere tesi anche a questo fine.
Nel riscaldamento pregara, invece, l'atleta si deve concentrare per esprimere la sua carica agonistica, per controllare l'ansia per ripassare mentalmente le fasi significative del gesto tecnico e la distribuzione dello sforzo, abituare a ritrovare le spinte motivazionali per ottenere il risultato che ha costruito e previsto di conseguire con l'allenamento; in questo momento delicato il tecnico si dovrà limitare ad essere una presenza rasserenante ma passiva, che non deve condizionare l'atleta.


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